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Fondi, polizze, conti: come è cambiata la tassazione sul risparmio

E’ la riserva cui attingere nei momenti di difficoltà. E proprio per questo gli italiani considerano il risparmio come un bene prezioso, da custodire gelosamente e proteggere dalle oscillazioni dei mercati. Anche per questo il Fisco sul “petrolio degli italiani” non ha calcato la mano fino a pochi anni fa (almeno se confrontato con l’estero), badando a non appesantire eccessivamente il carico sugli accantonamenti di risparmiatori e investitori. Ma le esigenze di cassa dello Stato hanno portato i recenti governi ad aumentare la tassazione sul risparmio degli italiani, rimodulando incentivi e imposizioni. Con un atteggiamento a volte ambivalente che ha spaesato risparmiatori e investitori, minandone in parte la fiducia e rimodulando la mappa del risparmio. Vediamo come:

L’imposta di bollo dello 0,2%, (o 2 per mille), arriva anche ai contratti assicurativi di Ramo I, dopo essere già stati applicati in passato alle polizze di Ramo III, ossia le polizze unit linked agganciate a fondi comuni di investimento. La misura, prevista per ora in una bozza del ddl di bilancio cui stanno lavorando i tecnici di Palazzo Chigi, è attesa in vigore dal 1° gennaio 2018, da quando inizierà a produrre un aumento del gettito per l’Erario vicino ai 200 milioni il primo anno, per poi crescere a circa 300 negli anni successivi. Sempre che la proposta passi indenne al dibattito parlamentare. Da ricordare che le polizze vita erano già state toccate dal Fisco, in particolare alla voce detrazioni: nel 2013 l’esecutivo, per finanziare il taglio dell’Imu prima casa, aveva previsto la riduzione della detrazione fiscale dai 1291,14 euro a 630 annui per poi scendere ulteriormente a 230 nel periodo di imposta 2014.